Il manufatto è eseguito in legno massiccio, a doppia battuta con ricavata una porticina di servizio nell’unione tra l’anta di sinistra e quella di destra. La pannellatura posteriore si presenta liscia e in buono stato grazie ad un intervento di sistemazione relativamente recente, il fronte invece, suddiviso in comparti geometrici, crea 20 specchiature interne, simmetricamente suddivise, ed una losanga centrale di più grandi dimensioni. La grande porta di ingresso principale della chiesa di San Bartolomeo si riconduce ad una delle tipologie più diffuse nell'Italia centrale a partire dai primi anni del Seicento; appartiene a quel genere di arredo ligneo che quasi alla metà del XVII secolo, mentre in altre regioni della penisola il barocco svolge già le sue inedite e ricche risorse ornamentali, in valle si è ancora legati a canoni e moduli tipicamente rinascimentali.
Secondo la più autentica impronta propria della produzione di quel periodo, dalla struttura semplice e ben proporzionata, la grande porta si presenta come un organismo rigidamente definito, geometricamente scandito nelle sue linee essenziali dalle cornici modanate che decorano le diverse specchiature, della losanga al centro e del fregio centrale intagliato. La struttura è essenziale e solida, arricchita dall'armonia delle forme, dall'equilibrio delle proporzioni e dalla misurata ripartizione decorativa che affonda le sue radici nell'arte quattrocentesca. La predilezione per un'impostazione architettonica nel quale, grazie alle modanature, si sottolineano gli elementi che lo compongono, pur aggiornandosi nel Seicento con cornici applicate o intagliate nel massello che si sbizzarriscono a creare specchi pentagonali o ottagonali, non viene subito abbandonata e il rigore stilistico rinascimentale è conservato in questi luoghi pur nel rispetto dell’evoluzione del gusto che avviene anche in Valtellina.
Il portone si presenta in discreto stato di conservazione, soprattutto dal punto di vista strutturale, evidente è un intervento relativamente recente (anni 90) in cui si è provveduto a ripristinare il fondo delle tavole, nella parte interna, probabilmente perché ammalorate e non più idonee alla funzione di sostegno e tenuta. Il fronte, sicuramente originale, versa invece in mediocri condizioni conservative, l’essenza legnosa sebbene ancora sana e strutturalmente solida appare molto consunta, aperta e arida, inevitabilmente sporca, scurita e occultata da uno strato di colore oramai annerito e secco, ossidato sulla maggior parte della superficie e inglobato nel primo strato del supporto L’esposizione dell’edificio poi non aiuta e molti di questi fattori di degrado sono causati/accelerati dall’azione degli agenti atmosferici, soprattutto dal sole e dal dilavamento delle acque meteoriche.
Il lavoro è avvenuto come al solito solo dopo aver ottenuto il benestare della Soprintendenza in accordo con il Funzionario incaricato di seguire l’intervento. Rispettando le indicazioni fornite in sede di autorizzazione l’intervento è cominciato con una disinfestazione dall’attacco di insetti xilofagi, che, anche se non più in corso, a scopo cautelativo è stato proposto, su tutta la superficie, mediante imbibizione a pennello di antitarlo (Xirein – Permetrina in essenza di petrolio) seguito da mantenimento in sottovuoto. Il manufatto, come indicato nello stato di conservazione, si presentava solido e sano dal punto di vista conservativo e strutturale ma purtroppo in mediocri condizioni dal punto di vista estetico a causa di un vecchio e poco idoneo intervento precedente, di una mancata manutenzione e soprattutto dall’esposizione diretta a sole e agenti atmosferici per decenni. Le essenze legnose che lo compongono sono diverse: sicuramente la prevalente è il larice (per il fronte, per le formelle e gli sfondati) mentre la cariatide è in abete (più duttile e lavorabile); sono inoltre evidenti una serie di altre diverse aggiunte, riassemblaggi e rinforzi con altri tipi di legno tra cui il castagno e sicuramente l’abete per le grandi tavole della facciata interna (recente e rifatta completamente ex novo). Il fronte principale è molto ricco e lavorato, l’intaglio a motivo geometrico, armonioso e lineare si definisce su un legno già “sofferto” e dall’effetto spazzolato; tale aspetto lo si spiega solo con un’azione di tipo meccanico da parte di chi è intervenuto in passato; gli effetti dell’azione degli agenti atmosferici infatti sicuramente non hanno fatto che peggiorare la situazione ma non creano un tipo di degrado così evidente e uniforme, soprattutto a livello della fibra del legno che, in questo caso, risulta particolarmente provata nella sua struttura a causa del passaggio e dello sfregamento con mezzi aggressivi quali spazzole di ferro o simili e che causano l’asportazione della parte più morbida del legno (alburno) lasciando esposta e in rilievo la vena più dura (durame). Chi è intervenuto in passato ha quindi trattato la superficie con questi strumenti, ha poi riassemblato le diverse componenti, fornendo al manufatto nuove tavole sul retro (in abete, lineari, prive di modanature e non intagliato, in legno levigato e molto liscio) ancorate al fronte con grosse viti borchiate evidenti sulla facciata interna e infine ha steso una vernice (rossa sicuramente sul retro e probabilmente più scura sul fronte) per patinare e uniformare il tutto. Dalle foto si vede chiaramente la vernice di colore rosso intenso, stesa quasi sicuramente nel corso dell’ultimo intervento per uniformare il tutto alla dominante rossastra del larice del fronte. Le stuccature si sono rese necessarie solo in alcune zone di giuntura delle assi e delle componenti lignee del fronte, oltre che in un’unica zona di rottura posta all’interno della losanga della porta al centro. Si è preferito, nonostante non fosse strettamente necessario, chiudere tali punti, per evitare in futuro il deposito di sporco e polvere e quindi la possibilità di nuove rotture. Nel frattempo, grazie al sopralluogo congiunto del Funzionario incaricato e della restauratrice della Soprintendenza presso il magazzino adibito a laboratorio ove la sottoscritta ha svolto il lavoro (per poter effettuare un lavoro in sicurezza, lontano dal proprio laboratorio ove diventava complicato gestire le dimensioni dell’opera, lo sporco che si produceva e non ultimo il pericolo di tarli e insetti xilofagi,) si è stabilito il sufficiente grado di pulitura raggiunto e si è ragionato sull’impiego dei prodotti protettivi e sui passaggi successivi finali dell'intervento.
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