Il manufatto, come indicato nello stato di conservazione, si presentava in discreto stato di conservazione; eseguito in varie essenze legnose è caratterizzato da: grandi assi in larice che costituiscono tutta la facciata interna. Il fronte è privo di modanature e non intagliato, in legno levigato ma non particolarmente liscio, sulle assi si intravedono nettamente i segni e le spaccature date dall’ascia. Il fronte esterno invece è ricco di lavorazioni in legno massello, i fondi e le tavole che costituiscono la struttura principale sono eseguiti in legno di castagno; applicati sopra a tale armatura elementi, cornici e inserti in noce, di antica e più recente fattura. Si ha infatti testimonianza diretta di un intervento, eseguito circa 40 anni fa, in cui il grande portone è stato interamente smontato e restaurato, sostituendo elementi oramai degradati con nuovi della medesima forma, essenza e colore. Di proposito si usa il termine “restauro” nel descrivere l’intervento precedente perché, sebbene non si abbia testimonianza di nessuna segnalazione in Soprintendenza, chi è intervenuto ha operato in modo corretto e con materiali consoni; tale lavoro ha consentito oggi di poter operare senza difficoltà, nel pieno rispetto della conservazione ottimale dell’opera. L’elemento ligneo si inserisce in un grande portale d’ingresso cinquecentesco, a bugna di diamante, di cui si riporta la descrizione del comasco Ing. Antonio Giussani il quale tra il 1915 e il 1917 rielabora e ristruttura con un grande, accurato e complesso intervento tutto l’antico palazzo, ispirandosi all’architettura rinascimentale e con un apparato decorativo (insegne visconteo-sforzesche, emblemi dei principali Comuni della Provincia, grottesche e cartigli a memoria dei personaggi illustri della Valle). A lui si deve il recupero del cortile interno, con portico e loggiato a due ordini (il secondo aggiunto proprio in questo intervento di riqualificazione) e decorazioni a graffito che ancora palesano il gusto antiquario del progettista.
Tratto da:
Iscrizioni e Stemmi del Palazzo di Giustizia e del Pretorio di Sondrio
Ricordo della costruzione del Palazzo di Giustizia e del restauro del Pretorio Sondrio 23 Ottobre 1917 Ing. Antonio Giussani *
“L’artistico portale in pietra verde di Tresivio portava sulla cornice una bella iscrizione: INVICTAE VNITATI (Alla unione invincibile) scolpita probabilmente dai Grigioni per alludere alla antica unione delle Tre Leghe, o forse anche dai valtellinesi, per ricordare gli stretti legami da cui i Terzieri di Sondrio, Morbegno e Tirano erano da lunghi secoli congiunti. Tolta in quest’anno la cornice, per far luogo al nuovo balcone, ritenni opportuno far riprodurre l’iscrizione medesima sul nuovo fregio, sembrandomi essere oltremodo adatta al luogo e al tempo in cui l’opera veniva eseguita. Sulla serraglia dell’arco venne poi apposto lo stemma di Sondrio, con la dicitura: MUNICIPIO _ MCMXVII. Ma più importante dell’antica iscrizione è la data del 1553, che si vede scolpita sulle bugne superiore del portale, di cui segna esattamente l’età, la quale corrisponde a quanto ne scriveva il sondriese Anton Giuseppe Lavizzari, appassionato raccoglitore di memorie patrie, morto nel 1829, che cioè “sotto lì 21 settembre 1552 si pose il compartito in Valle per la compera fatta della casa, che doveva servire per la resistenza del capitano generale e del Vicario, la quale costò L. 22,059 e soldi 14.” E lo confermava Francesco Romegialli scrivendo che il palazzo era “intestato a certi Peregrini dai quali poi la Valle lo comperò verso il 1552 come riferiva, all’uopo interrogato, il cancelliere Nicolò Parravicini senza però fornire fin da allora date e notizie più positive, come si ha dal consiglio di Valle 12 Agosto 1643, quando il governo aveva ordinato di “fabbricarne uno espressamente, o piuttosto solo di ingrandire e restaurare questo, come consta essersi fatto poi l’anno stesso”. Sotto la dominazione reta il Pretorio servì sempre quale Palazzo di Governo, in cui risiedeva il Capitano Generale o Governatore, e si tenevano le adunanze del Consiglio di Valle e del Consiglio del Terziere di Mezzo. Non vi risiedeva invece il Vicario, che abitava nell’attuale Palazzo Prefettizio, benchè il Lavizzari nel Manoscritto sopracitato scrivesse che l’acquisto venne fatto dalla Valle per la residenza del Capitano generale e del Vicario. Per chiudere brevemente la storia delle poche vicende che del Pretorio ci sono note, dirò che esso è passato in proprietà del Comune di Sondrio per vendita fattagliene dal demanio dello Stato mediante pubblico istrumento 19 marzo 1865 a rogito del notaio Dott. G.B. Gianoli, per il prezzo di italiane Lire 20.000 restando tacitato il Comune stesso di ogni sua precedente pretesa circa la proprietà. Dopo la cacciata dei Grigioni, il Pretorio fu ognora , sino a quest’anno, sede dell’Autorità giudiziaria, mentre la governativa risiedette sempre nell’attuale Palazzo prefettizio, dove si succedettero: I Commissari di Governo del dipartimento d’Adda e Oglio, sotto la Repubblica Cisalpina (salvo il breve periodo in cui la sede fu portata a Morbegno), i Vice Prefetti del Distretto di Sondrio del dipartimento dell’Adda, sotto la Repubblica Italiana; I Prefetti del dipartimento dell’Adda sotto il 1° Regno di Italia, i Delegati dell’Austria, i Governatori, gli Intendenti e da ultimo i Prefetti del governo nazionale.”….. “Il nuovo palazzo di Giustizia, testè costrutto dalle fondamenta per contenere nel sotterraneo gli Archivi, nel pianterreno la Corte d’Assise, nel primo piano il R.Tribunale e nel secondo la R Pretura, venne né suoi prospetti da me studiato ispirandomi allo stile cinquecentesco, con particolare riguardo alle speciali forme valtellinesi che s’incontrarono nel meraviglioso Palazzo Besta di Teglio, che il governo ha da qualche anno acquistato e di cui ora sta eseguendo il restauro. La struttura e la decorazione del portale, i cappelli a squadra delle finestre del primo piano, le ferriate e i serramenti della porta principale e della secondaria, bastano infatti da soli a dare all’edificio uno spiccato sapore locale, il quale è reso ancor più forte dal fatto che vennero completamente escluse le decorazioni in cemento, eseguendosi tutti i contorni delle porte e finestre, il balcone, le lesene ed il cornicione in quella meravigliosa pietra verde detta di Tresivio che fa di sé si bella mostra nell’attiguo Pretorio ed in quasi tutte le antiche costruzioni in Valtellina, sempre usata a ragione perché bella di aspetto, sicura di durata e facile di lavorazione. E non posso tacere che, in ambedue gli edifici, tutte le opere in pietra verde vennero egregiamente eseguite dai Fratelli Gerletti di Como, i quali nell’importante lavorazione diedero prova non solo di perizia tecnica ma anche di notevole capacità artistica. Ragioni di opportunità e di spesa consigliarono invece di usare per gli zoccoli di ambedue gli edifici il serpentino di Valmalenco (idrosilicato di Magnesio e di Ferro) anche nello scopo di dare al basamento un aspetto più robusto e una tinta più scura. La pietra, detta di Tresivio perché in questo comune ne esistevano le antiche cave, venne ora non senza difficoltà estratta dalla cava degli eredi Bardellini, posta a Palù del Comune di Piateda. Secondo le indicazioni cortesemente favoritemi dal chiaro prof. Dott. Angelo G. Rota, docente di scienze nella R. scuola Normale di Sondrio, essa è una Marna cloritica, composta cioè di Clorite (varietà Ripidolite) associata a Calcare: è una roccia schistosa, probabilmente metamorfica, in cui l’Argilla della Marna è sostituita dalla Clorite. L’abbondante uso della pietra da taglio ed il proposito di dare ai due edifici forma e carattere completamente diversi, consigliarono invece di usare assai moderatamente nella decorazione delle facciate del Palazzo di Giustizia quei graffiti di cui si fece abbondante uso nel Pretorio, per modo che quell’edificio presenta, rispetto a questo, un aspetto affatto diverso, assai più semplice ma severo. Volendosi apporre degli stemmi alle facciate, essi vennero quindi scolpiti in pietra, e precisamente quelli di Savoia sulla porta del Tribunale e della Pretura, quello di Sondrio sul balcone e sulla serraglia della porta della Pretura, e quelli di Chiavenna, Bormio, Morbegno, Tirano (andando da sinistra a destra del riguardante) sulle spalle in vivo del portale; su cui vennero poi anche scolpiti in due targhette il motto di Ovidio: TENDIT IN ARDVA VIRTVS (La virtù tende alle cose difficili) e quello di Zenone: PLVS AVDIAS QVAM LOQVARIS (Ascolta più che non parli). Nel fregio del portale venne poi scolpita l’iscrizione: MCM . VINDICI IVSTITIAE . XVI (Alla giustizia tutelare, 1916), ed in quello della porta d’accesso alla Pretura il detto di Demostene: NEMINI QVICQVID INIVSTI (Non fare a nessuno mai nulla di ingiusto). Nello spigolo del fabbricato, all’angolo del corso Garibaldi colla Via Ferrari, verrà infisso un grandioso lampione in ferro battuto che si sta appunto ora costruendo, ad imitazione, non dico riproduzione perchè la spesa ne sarebbe veramente eccessiva, di quelli famosi che decorano il palazzo Strozzi in Firenze. Ed uno identico verrà contemporaneamente apposto anche sul palazzo del Municipio, all’angolo del corso con la Piazza Campello.”……
* la documentazione storica è stata gentilmente fornita dall’Arch. Giuseppe Succetti – Responsabile Servizio Edilizia Pubblica dell’Ufficio Tecnico del Comune di Sondrio
Dal punto di vista esecutivo l’intervento di restauro è cominciato con un’attenta analisi della materia, per capire lo stato di conservazione, gli interventi subiti nei secoli e soprattutto individuare la corretta metodologia da adottarsi. Come già detto in precedenza il manufatto aveva subito un intervento nel corso della seconda metà del secolo scorso e i materiali impiegati allora, nonostante la loro idoneità per natura e caratteristiche, manifestavano ad oggi tutta la loro vetustà e necessità di essere rinnovati. Il legno infatti appariva molto magro, sbiadito, coperto da uno strato di vecchio protettivo misto a colore oramai sfarinato, disomogeneo, scarsamente adeso al supporto. Sulla superficie, insieme ai tanti segni e graffi dati dall’età del manufatto, sono state individuate e documentate alcune scritte e incisioni, soprattutto settecentesche che testimoniano i secoli passati. Il legno comunque era in buono stato e non necessitava di consolidamento alcuno; non sono evidenti, né passati né in corso, fenomeni di attacco da parte di insetti xilofagi. Chiavistelli, serrature e cardini sono in ottimo stato e perfettamente funzionanti. In primo luogo l’opera è stata interamente spolverata con un pennello morbido, successivamente si è proceduto con una leggera e accurata rimozione dei vecchi protettivi e dei depositi di materiale di deposito presenti in superficie mediante carta abrasiva a grana molto fine, usata a mano, senza ausilio alcuno di macchinari, al fine di non andare ad intaccare la patina originale del legno acquisita nel corso dei secoli.
Una volta pulito il legno e preparata la superficie si sono potute effettuare alcune piccole stuccature di piccole parti di rottura, fenditura delle assi e microfessurazioni tra le giunture delle tavole grazie all’impiego di sostanze idonee. Tutte le serrature, chiavistelli, cardini e sbarre sono stati accuratamente puliti. In seguito, dopo aver eliminato i residui di pulitura, polvere e sporco mediante pennello, scovolino e aspirapolvere sono lavati con solvente e preparati per essere lucidati e protetti. Su tutta la superficie lignea si è quindi steso il prodotto indicato anche in fase progettuale (già sperimentato recentemente con ottimi risultati sia conservativi sia estetici nel restauro del portone, molto più compromesso e degradato, della facciata storica di Via Appiani a Monza delle Cliniche Zucchi, intervento seguito dalla Soprintendenza – vedi scheda). Il prodotto, a poro aperto, si contraddistingue per la sua eccellente tenacia, resistenza agli agenti atmosferici e repellenza all’acqua, lunga durata e deterioramento uniforme nel giro dell’invecchiamento. In questo caso la tinta scelta si è ottenuta andando prima ad uniformare la cromia del manufatto che presentava diverso grado di patinatura preesistente a seconda della zona; nella metà inferiore quindi la prima mano conteneva una maggiore quantità di prodotto in tinta noce, proprio per garantire una base uniforme soprattutto dal punto di vista estetico.Tutte le serrature e le componenti in ferro battuto sono state pulite a tamponcino con diluente e successivamente trattate e protette con gommalacca in alcool.
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