Obelisco - Monumento alla Riconoscenza


Giuseppe Croff - Monumento alla Riconoscenza (1839) - marmo e pietra arenaria

Dimensioni 8 mt x 2

Tratto da “Valtellina: nostalgia delle origini” AAVV
“…sul lato occidentale della Piazza Garibaldi, la Casa Lambertenghi e oltre la strada, il giardino di Palazzo Martinengo, un palazzo del ‘500 (con facciata neoclassica), costruito dal conte bresciano rifugiatosi in Valtellina durante la Controriforma.
(Nel palazzo abitò anche Giuseppe Prezzolini quando il padre, famoso per i balli che diede all’albergo Posta, era prefetto di Sondrio) Davanti al Palazzo Martinengo c’è un obelisco con quattro statue allegoriche, dello scultore Giuseppe Croff, allievo del Canova. E’  cosiddetto  “Monumento  della  Riconoscenza”  perché  fu  eretto  per  Ferdinando  I°  d’Austria,  in  ringraziamento per la costruzione degli argini del Mallero dopo la terribile inondazione del 1834 (gli argini furono costruiti dall’Ingegner Carlo Donegani, l’artefice della strada Colico-Bormio e di quella dello Stelvio). "

L'esondazione, avvenuta tra il 27 e il 28 Agosto del 1834, provocò gravi danni nella zona dell'attuale Piazza Cavour, dove il Mallero ruppe gli argini allagando un'ampia area del quartiere; come raccontano le cronache del tempo la furia delle acque distrusse una quarantina di case abbattendo anche i due ponti esistenti sul torrente, e l'esondazione ricoprì strade, orti e giardini, con una gran massa di detriti alluvionali. Per la ricostruzione la città si appellò all'Imperatore d'Austria Ferdinando I e in breve il governo del Lombardo Veneto avviò la realizzazione dei nuovi argini del Mallero. La realizzazione dell'obelisco, dopo una prima gara d'appalto andata deserta, venne affidata all'artista milanese Giuseppe Croff, che per il monumento scolpì quattro sculture raffiguranti la Giustizia, la Religione, la Pace e la Munificenza (a simboleggiare le doti dell'Imperatore); sul basamento verro sistemati gli stemmi di Sondrio e dell'Impero e due epigrafi commemorative incise su due grandi lastre di marmo. Costato 12 mila lire austriache  il monumento fu inaugurato nel 1839 nell'area dell'attuale Largo Folla (la zona quindi dietro al palazzo del Catasto), allora comunemente noti ai sondriesi come "largo alle piante", per i numerosi alberi messi a dimora negli anni. Durante i moto del 1848 venne danneggiato lo stemma imperiale, poi definitivamente asportato (e probabilmente distrutto) nel 1859. Nel 1934 l'obelisco fu poi spostato nella sua attuale sede per far posto alla costruzione della "Casa del Fascio".

Il monumento, opera datata e firmata da Giuseppe Croff (1939), è alto 8 metri e largo 2 ed è stato  costruito con marmo di Viggiù (statue e lastre del basamento) e pietra arenaria. Il restauro del manufatto, eseguito tra i mesi di giugno e settembre 2004, è cominciato con un primo lavaggio di tutta l’opera allo scopo di liberarla dal grosso strato di sporco, nerofumo, depositi  di materiale organico, muffe, muschi e sostanze non originali presenti in superficie e che, nel corso degli anni, vi si erano accumulati. In questa operazione, unendo l’azione dell’acqua, si è adottato l’ausilio di mezzi meccanici quali: spazzolini, scovolini e bisturi.
La pulitura è poi stata approfondita con impacchi di sostanze idonee, al fine di eliminare anche lo  sporco più annidato e assorbito dal marmo e dalla pietra. In  questa  fase  si  è  anche  tentato,  per  quanto  possibile,  di  rimuovere  i  graffiti  e  le  scritte  che deturpavano, da anni, le lastre marmoree del basamento. Il risultato, a confronto della situazione iniziale, è più che positivo ma purtroppo talune scritte sono talmente penetrate nel marmo da non poter più essere rimosse del tutto. Il  marmo  e  l’arenaria,  una  volta  completamente  puliti,  sono  stati  consolidati  mediante  prodotto  idoneo, per imbibizione fino a rifiuto e inoltre sul marmo si è eseguito un trattamento contro licheni, muschi e agenti biodeteriogeni. In accordo con la Sovrintendenza si è optato per non ripristinare le parti mancanti (nasi, dita..) in 
quanto, visto già il grado di danneggiamento delle sculture, ogni ricostruzione sarebbe sembrata un accanimento.
Grazie anche ai documenti lasciati dall’epigrafista Labus, si è invece deciso di riprendere le scritte delle lastre, divenute ormai illeggibili perché ne rimaneva solo l’incisione dei caratteri. Su tutta la superficie del monumento si è steso un protettivo per impedire il deposito di sostanze inquinanti e dannose; sul basamento inoltre si è distribuito un prodotto antigraffiti in grado di non far più penetrare nella pietra eventuali altre scritte. Considerando che negli ultimi anni le manomissioni erano frequenti, si è preferito far collocare una ringhiera esterna in ferro (abbellita con siepi) la quale, oltre che impedire utilizzi sconvenienti, lo metta in risalto e lo valorizzi nella sua bellezza.
Vista  la  difficile  vita  e  le  disavventure  che  hanno  irrimediabilmente  caratterizzato  lo  stato  di conservazione di quest’opera, ci si augura che in  futuro i sondriesi lo apprezzino  e lo riscoprano affinché si conservi ancora a lungo e nelle migliori condizioni possibili.

Nel 2010 circa, durante i lavori di realizzazione dei parcheggi sotterranei della Piazza Garibaldi, l'impresa voleva spostare l'opera perchè "dava fastidio"; un nutrito gruppo di persone, tra cui la sottoscritta, l'allora Direttore e i collaboratori del Museo Valtellinese di Storia e Arte di Sondrio hanno insistito, con successo, presso l'Ufficio Tecnico e l'Amministrazione affinchè ciò non avvenisse e che avrebbe definitivamente significato danni irrimediabili e la probabile perdita del manufatto.

Ad oggi è sparita la ringhiera esterna ma almeno il monumento resta al suo posto, in attesa di una opportuna, auspicata (e proposta...) manutenzione, ovviamente da parte di un restauratore.

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