La pala d’altare è costituita da un dipinto ad olio su tela raffigurante “Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, sotto forma di colomba, che incoronano Maria Vergine, in posa umile e dimessa, quale Regina dell’Universo”. L’opera è inserita in una cornice lignea intagliata, dorata e dipinta, a sua volta collocata in una cornice di stucco bianco ricavata da una nicchia all’interno dell’Ancona in stucco oggetto anch'essa di restauro. (vedi scheda) Preliminarmente all’allestimento del ponteggio per il restauro degli stucchi del Presbiterio, al fine di mettere in sicurezza il manufatto prima possibile, dopo aver ricevuto il relativo Nullaosta da parte della Soprintendenza per i Beni Storici e Artistici di Milano, la pala è stata rimossa dalla sua sede, e trasportata in laboratorio in attesa di opportune indagini approfondite e del restauro.
L’opera si presentava in generale molto sporca e annerita da polvere, nerofumo e particolato di deposito. Il riscaldamento ad aria della chiesa, sebbene poco utilizzato, nel corso degli ultimi decenni ha senz’altro contribuito a rendere il dipinto molto arido e far si che lo sporco vi si depositasse con maggior facilità. Considerando i gravissimi danni subiti dagli stucchi, il timore maggiore per questo dipinto e per la sua cornice era rappresentato dal possibile degrado della tela e/o del legno (telaio e cornice) a causa delle corpose infiltrazioni di acqua dal tetto. Il film pittorico è piuttosto sottile, arido, sporco, annerito e costellato da macchie di cera (candele). Inoltre sono evidenti diverse zone di ripresa pittorica successiva all’esecuzione originale. Ove più corposo, il colore risulta vistosamente alterato come nelle due grosse parti più evidenti: il manto rosso con lumeggiature giallo aranciato di Dio Padre e il manto rosso vivo del Figlio. Sotto osservazione ad ultravioletto l’opera risulta ridipinta nelle vesti e ripresa con colpi di pennello nei capelli di angioletti in basso e delle altre figure. La ridipintura più evidente risulta essere quella del manto della Vergine, il quale deborda addirittura sulla testina dell’angelo posto sotto la Madonna, coprendone in parte i capelli. Per fortuna però le condizioni strutturali del dipinto apparivano invece meno gravi. Ossia, lo stato di fatto dell’opera, nelle sue condizioni di non perfetta conservazione non erano date da un danno subìto di recente, per la presenza di acqua o umidità in generale ma bensì erano situazioni pregresse causate da vecchi (tra cui alcuni, come vedremo in seguito, irreversibili) interventi umani. Il telaio, come già detto, fisso e a spigoli vivi non presentava però rotture, buchi dati da attacco di insetti né segni di patimento da acqua o umidità. Anche la tela non manifestava degrado o alterazione da acqua o umidità. L’opera era solo tensionata in modo scorretto e pertanto la sua planarità non era uniforme. In questa fase operativa è emerso però il bisogno di recuperare anche sul dipinto una lettura di insieme della rappresentazione e soprattutto, pensando ai risultati che si sarebbero ottenuti sugli stucchi andando a riportare alla luce il bianco del marmorino originale, si rendeva necessaria la rimozione di quel grande strato di polvere, sporco e nerofumo che ingrigiva completamente la pellicola pittorica. Si è quindi deciso di procedere con una pulitura superficiale del dipinto in attesa che la situazione fosse più chiara e che, una volta che l’opera si fosse rivelata anche dal punto di vista estetico, fosse anche più semplice intuire il corretto modo di procedere anche dal punto di vista conservativo. La pulitura è consistita in una lenta e graduale rimozione del grosso strato di patina nerastra costituita essenzialmente da nerofumo, polvere e sostanze di natura lipofila. Durante questa fase si sono anche eliminate le numerose microgocce e gli schizzi di cera che costellavano tutta la superficie. Proprio durante questa fase di pulitura si è potuto constatare come, una volta tolto lo strato di sporco e polvere, il dipinto fosse realmente compromesso ed alterato dal punto di vista dei materiali originali. Il degrado, dato sicuramente da un intervento precedente, riguardava la corposità e l’alterazione dei colori, dei pigmenti e dei leganti e quindi, di riflesso, anche la rappresentazione stessa, nel suo grado di finitura, di “svelatura” e di alterata lettura di insieme. Purtroppo sembra abbastanza chiaro che una pulitura aggressiva e un “restauro” pittorico invasivo abbiano dapprima rimosso parte della materia originale, assottigliando colori, facendo reagire ed increspandone altri e infine, la ripresa pittorica, abbia celato grandi porzioni sotto strati di pesanti ridipinture, ad olio. Le alterazioni più visibili e significative sono sui manti del Dio Padre (terra-aranciato) e del Figlio (rosso). Vista la loro tenacia e soprattutto non conoscendo lo stato di conservazione del film pittorico originale sottostante, tutte le ridipinture sono state mantenute, anche perché molto probabilmente eseguite, in passato, proprio per celare, contestualmente, un degrado e una “svelatura” delle antiche cromie. Dopo la pulitura, sotto le testine degli angeli, si legge ben distinto il nome:
CAROLVS PRESTIS
La cornice lignea entro cui è inserito il dipinto è un’opera intagliata in legno di conifera, dorata e dipinta. Sul retro si legge distintamente la data, incisa nel legno, del 1768. Nel corso dell’ultimo intervento di restauro anche essa è stata manomessa, soprattutto dal punto di vista estetico. L’opera in origine era dorata e dipinta, su tre ordini di modanatura e decorazione che alternavano la brillantezza dell’oro alla cromia vivace del rosso. Successivamente è stato steso, in parte sulla doratura (a mò di patina) e anche sulla cromia celando intere campiture, un tenace e compatto colore bruno scuro Testa di Moro che copre e spegne l’effetto originale dell’accostamento della naturale rifrazione della doratura a fianco di un colore brillante quale il rosso. Tale ridipintura verrà comunque mantenuta. Si è dunque proceduto con una surface cleaning, eseguita a tamponcino. Non riscontrando segni o buchi dati da attacco di tarli si è comunque preferito, a scopo preventivo, imbibire l’essenza legnosa con Permetar e lasciarlo agire per alcune settimane. Nelle altre piccole porzioni di rottura e in corrispondenza di buchi lasciati dai tanti chiodi inseriti nella modanatura le stuccature invece sono avvenute mediante gesso di Bologna e colla proteica. Le stuccature sono state poi reintegrate mediante piccole campiture ad acquerello succedute da velature con colori a vernice. Su tutta la superficie (fronte e retro) è stato steso un velo di cera microcristallina. Il dipinto è stato quindi rimontato in cornice e sul retro è stato applicato un pannello di Medium Densit (spessore 3 mm.) per proteggere l’opera dal muro della nicchia entro cui è racchiusa.
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